Giuliano Giuliani, quella sola uscita a vuoto – Di Marco Murri

Calcio Fuori Campo In Primo Piano

“Cosa resterà di questi Anni Ottanta”, cantava Raf, in un pezzo divenuto postumamente iconico, e proprio di un’eredità amara di quegli anni vuole parlare questa storia. Alla fine di quei famigerati anni, infatti, anche nel Calcio si assiste a una vera e propria “Età dell’Oro”, che prelude festante ai Mondiali nostrani di inizio nuova decade: e così la scena italiana ed europea, già ricca di campionissimi del calibro dei tre olandesi del Milan, dei tre tedeschi dell’Inter, di stranieri provenienti dall’Unione Sovietica e dal Sudamerica, vede trionfare Napoli e il suo simbolo, Diego Armando Maradona; un’ondata di colore, festa e spensieratezza pervade la città e non solo; tutto sembra essere parte integrante di quel momento storico di benessere fisico e mentale, con la “Disco Music” e le pubblicità che scorrono libere e fanno da colonna sonora a questo successo.

In quel Napoli fresco Campione di Coppa Uefa prima e di Campionato poi, c’è un portiere che è stato decisivo anche se in modo molto meno appariscente rispetto al suo Capitano, e del resto anche il suo carattere è l’esatto contrario di quello di Diego. È Giuliano Giuliani, nome filastroccato, basta guardarlo nelle figurine per capirne il suo carattere: viso serafico, pacato, specchio di una persona la cui massima aspirazione è quella di fare bene “il suo” (come si dice in Toscana), sia in campo, sia nella vita. Il Napoli lo ha preso dal Verona per sostituire Garella, proprio come gli era già successo anni addietro con gli scaligeri e lui, senza esser troppo guascone e plateale, sta ripagando tutti.

Nel frattempo ha conosciuto Raffaella, bellissima soubrette televisiva che non è rimasta indifferente alla sua prestanza e al suo essere schivo come un uomo di cui ci si può fidare, come un uomo a cui affideresti la tua vita e la tua porta.

Ma c’è sempre un cross insidioso che ti chiama a uscire dai pali, e quella volta il cross parte dal piede di un suo compagno, anzi, del suo Capitano: eh sì, proprio Diego. Succede che “El Pibe de Oro” a novembre si sposa, e vuol fare tutto in pompa magna nella sua Buenos Aires; per la cerimonia noleggia addirittura l’auto che appartenne al gerarca nazista Goebbels. Invita tutta la squadra, compreso il brasiliano Careca che verrà fatto ballare assieme a Ruggeri, stopper dell’Albiceleste, su preciso ordine del Commissario Tecnico Bilardo, in vista di un possibile confronto Mundial fra Argentina e Brasile, per prendergli bene le misure. Invita chiaramente anche Giuliano, che decide di andare da solo perché Raffaella è in dolce attesa; a lui e a cui le misure vengono prese da qualche bella e festante giovane argentina, assoldata per l’occasione da Diego Armando da Villafiorito.

Giuliano Giuliani quella notte la sconterà per sempre.

Nel frattempo da Napoli, Giuliani, passa a Udine, perché gli è stato preferito Galli; la sua vita prosegue, lui continua a disegnare le magliette che indossa in campo ma non sta bene. Anche i giornali s’interrogano: “Che cos’ha Giuliani?”: quattro lettere agghiaccianti, un’altra eredità meno luminosa che gli Anni Ottanta si portano appresso, e che lui, uomo mite, senza vizi, ha contratto nell’unica notte in cui ha osato lasciarsi andare: AIDS. Cerca di tenersi tutto dentro ma, poi, stremato, confessa tutto solo all’unica persona che realmente è importante per lui, anche se questo significa confessarle che l’ha tradita. Raffaella crolla, decide di lasciarlo, ma poi sarà sempre vicino a lui, fino a che Giuliano, che intanto aveva già smesso di giocare, morirà.

In tutti questi anni, dirà sua moglie – che intanto ha cresciuto la loro figlia e poi si è riaccompagnata e si è comunque ricostruita una vita con tanta forza – nessuno ha mai speso mezza parola per ricordare suo marito, nessuno nel mondo del Calcio, fatto di cameratismo e condivisione di tutto, festini compresi, ha voluto prodigarsi per aiutare la famiglia Giuliani. Troppo triste, troppo pericoloso, troppo compromettente.

Eppure, pensateci, ciascuno di noi ha ceduto almeno una volta nella vita, ciascuno di noi può aver commesso un’uscita a vuoto. Uomini responsabili, buoni, poco inclini al frastuono e alle luci da “Disco Music” Anni Ottanta, ma che per una volta si sono lasciati coinvolgere perché “siamo esseri fallibili”. Di Giuliani ne’è pieno il mondo e la memoria di questi individui dovrebbe essere salvaguardata in altra maniera, come si fa per un trofeo messo in una teca e quasi venerato, perché per tutta la loro vita sono state degne persone. Un errore può costare carissimo sulla terra, ma non può e non deve intaccare il ricordo ultraterreno. Di Giuliani ne è pieno il mondo, è vero, ma di Giuliano Giuliani, portiere e uomo di poche parole, ce n’è stato uno solo, ed è stato un signor numero uno.

Marco Murri

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