Si spengono lentamente le luci. All’interno di San Siro non si sentono più le urla dei giocatori di #InterJuve e dei coach. Stavolta le urla di gioia sono dei bianconeri, sul versante nerazzurro, se si urla, lo si fa per delusione. La Juve ha vinto 1 a 2 ipotecando la Finale di Coppa Italia. Non è finita, perché ci sarà il secondo round allo stadio “Allianz”, ma ribaltare il punteggio non sarà una passeggiata per la truppa di Conte che ha motivi per recriminare e rammaricarsi per il Ko subito dai Campioni d’Italia. La sconfitta non è stata meritata e per quello che si è visto in campo il pari sarebbe stato risultato premiante più per Ronaldo e soci che per la compagine interista.
Ora Antonio Conte dovrà cercare di tenere accesi i riflettori sulla stagione interista, in particolare sul Campionato, perché sul cammino nerazzurro nella Coppa nazionale stanno calando (sembra) le tenebre. Il mister deve trasformarsi in un abilissimo elettricista perché se luci di S. Siro stanno perdendo brillantezza e potenza, ciò è dovuto a diverse cause cui non sarà facile far fronte.
Le cause del buio incombente sono esterne e interne, che risultano particolarmente sgradevoli e dannose per il delicato impianto approntato dal nostro allenatore. In prima analisi se nelle partite decisive la luce tende a spegnersi in casa interista significa che ci sono carenze nella rosa a disposizione del mister. Carenze numeriche, di qualità e personalità. Quest’ultima dote appartiene a non più di un paio di elementi, ovvero agli unici che si possono definire top player: Lukaku e Barella. Purtroppo, il primo era squalificato e non ha partecipato al “Derby d’Italia” di Coppa.
La personalità e la mentalità vincente latitano tra le fila interiste come dimostrano gli incredibili errori commessi contro la Juve.
Grave è il constatare che gli errori grossolani che hanno regalato reti e successo ai bianconeri sono stati commessi da giocatori esperti.
Young ha causato il rigore “generoso” del pari juventino per una trattenuta in area a Cuadrado, abilissimo nel tuffo, assolutamente evitabile. Stiamo parlanfo di un ex nazionale inglese, quasi trentaseienne, che ha passato parecchie stagioni con la prestigiosa maglia dei “Red Devils” di Manchester, con cui ha vinto trofei.
Il raddoppio è il frutto di una scellerata passeggiata ai confini della realtà di “Handovai” (così è stato battezzato dai tifosi interisti il portierone nerazzurro) che ha mandato in blackout Bastoni e permesso a un dimesso “CR7” di siglare la sua personale doppietta. L’estremo sloveno viaggia per le trentasette primavere e dovrebbe avere un po’ di esperienza sulle spalle.
Altro protagonista negativo, di supposta esperienza e affidabilità, della sfida persa con bianconeri è stato Alexis Sánchez, che ha rimpiazzato (male) Lukaku. Il cileno ha fatto molto fumo non riuscendo a servire in tavola l’arrosto. Ha litigato spesso col pallone incartandosi nei controlli, è stato impreciso nei passaggi e ha fallito una clamorosa opportunità per mettere in pareggio la sfida. Sánchez ha 32 anni, ha militato nel Barcellona, nell’Arsenal e nel Manchester United e qualche trofeo importante l’ha pur collezionato. Il cileno sembra aver perso completamente il “Killer istinct” e si è ormai trasformato in un trequartista che può incidere con assist e movimenti preziosi se inserito durante il match, ma risulta di rendimento poco redditizio se schierato in avvio di gara e da punta.
Lo stesso Eriksen, subentrato nel finale di partita, possiede qualità di palleggio e tecnica sopraffina, ma finora ha mostrato carenze dal punto di vista agonistico e caratteriale. Della sua avventura interista speriamo che i posteri non debbano ricordare soltanto la punizione vincente del derby del precedente turno di Coppa Italia.
Se tradiscono atleti che dovrebbero fare la differenza diventa complicato tenere accesa la luce sul percorso di gloria che l’Inter deve tornare a percorrere in ossequio alla sua storia.
Osservando i limiti di campo non si può non puntare il dito sulle carenze societarie che sono la causa dei primi. Un progetto tecnico deve durare almeno tre anni per produrre vittorie, soprattutto se un club annaspa nella mediocrità da varie stagioni. Tale lasso di tempo è necessario per mettere a punto il motore della fuoriserie da mandare sulle piste dei gran premi di Campionato e delle varie Coppe. Difficile azzeccare subito tutti i pezzi del motore per permettere al pilota di sfrecciare primo sul traguardo. Il pilota è il tecnico, il motore è rappresentato dai giocatori.
Il motore può essere messo a punto dall’allenatore se il club gli procura i pezzi giusti altrimenti il bolide non sfreccia e batte in testa. Una squadra di calcio si costruisce attraverso le operazioni di mercato con cui si acquisiscono le pedine che servono a colmare le lacune dell’organico a disposizione del mister. Come ha tristemente ammesso davanti ai taccuini e ai microfoni Antonio Conte, il progetto tecnico a lui affidato da Suning si è interrotto ad agosto. Questa è la carenza vera dell’Inter: una società evanescente non in grado di supportare allenatore e squadra, ostaggio delle difficoltà economiche e politiche (riferimento al diktat del Governo cinese) della proprietà (leggi Suning).
Constatare che con l’Inter protagonista della corsa scudetto, in cui la Juve pare finalmente vulnerabile, e con la Coppa Italia tutta da giocare sia stato imposto il nulla di fatto nel mercato invernale ad Ausilio e Marotta stupisce e amareggia.
Non era necessario spendere cifre improponibili, ma approfittare delle ghiotte opportunità che si erano create, tra tutte le possibilità di ingaggiare Gómez e Džeko. Il primo (grazie alla sua tecnica, alla sua capacità di saltare l’uomo e di segnare reti o fornire assist) avrebbe risolto le note difficoltà che ha il team di Conte quando deve fare breccia nelle muraglia difensive avversarie. Il secondo sarebbe stato la tanto sospirata controfigura di “Big Rom”, con cui avrebbe anche potuto giocare in coppia, e avrebbe portato in dote carattere e personalità da vendere oltre che un certo numero di goal. Tutto ciò che Sánchez non ha potuto regalare a Conte. Tra l’altro, da sempre il centravanti bosniaco è un pallino del mister nerazzurro che lo aveva richiesto appena firmato il contratto che lo ha legato all’Inter.
Con Džeko in campo a rimpiazzare Lukaku non è certo, ma è probabile che la sfida con i rivali di sempre avrebbe avuto un esito diverso. Džeko avrebbe permesso all’Inter di creare la stessa manovra che sviluppa quando il centravanti belga è in campo. Ecco perché il Ko patito dall’Inter nella Semifinale di andata chiama in causa la società.
La capolista Milan si è rinforzata con tre nuovi innesti tra cui Mandžukić a costo zero di cartellino. Quest’ultimo era davvero così irraggiungibile per l’Inter? Se la risposta è sì allora le luci nerazzurre di San Siro non potranno che spegnersi.
Così, il povero Lukaku non solo non potrà mai permettersi di beccarsi neppure un raffreddore, ma nemmeno potrà fare affidamento sulla tutela del club in cui gioca che non ha battuto ciglio di fronte al “caso” montato a danno del belga nella vicenda relativa al suo scontro verbale con Ibrahimović. Carenze di comunicazione, ma anche di attaccamento al club da parte della Proprietà e della Dirigenza. Il tanto osannato “JZ4” (alias Zanetti), attualmente Vicepresidente dell’Inter, era così impegnato da non poter spendere nemmeno una parolina a difesa del nostro centravanti? E che dire di un Dirigente che parla pubblicamente di “default” dell’Inter se non si riduce drasticamente il costo del lavoro (leggi ingaggi dei calciatori)? Comunicazione da evitare prima di un match decisivo per non allarmare giocatori già perplessi per il mancato pagamento degli stipendi. Se capitano amnesie in campo apparentemente inspiegabili non c’è da stupirsi.
La gita fuoriporta di Handanovič ha sottolineato che all’Inter manca un portiere affidabile. In estate l’Inter aveva in pugno Musso, portiere titolare della Seleccion argentina e dell’Udinese, ma l’operazione è stata azzerata da Suning. Non è bene che Samir, in tutti i suoi anni di militanza interista, abbia potuto godere della titolarità inamovibile per mancanza di una valida alternativa in panchina. Conte, evidentemente, non si fida di Radu, ma un paio di turni di riposo non potranno che giovare al portierone sloveno che necessita di stimoli per essere semplicemente Handanovič e non “Handovai”. Le gite fuori porta non sono una novità per Samir perché ne fece una simile, qualche anno fa, in un match col Torino (vi ricordate?).
Non bastassero i problemi interni a creare ombre e a togliere l’illuminazione sul percorso dell’Inter ci si mettono pure i Media (tanto per cambiare…), gli arbitri e il VAR. Le campagne anti.Inter di televisione e sui giornali sono (da sempre) una spina nel fianco per il “Biscione” e hanno lo scopo di staccargli la spina dalla corrente. Emblematico il trattamento riservato a “Big Rom” per la sua reazione al grave insulto rivolto da Ibra alla madre del belga. Trattamento diverso anche nel valutare le reazioni di Vidal e “CR7” quando sono stati richiamati in panchina nella ripresa di #InterJuve. Valutazione penalizzante per il cileno, enfatica e retorica per il portoghese.
A cercare di staccare le luci di S. Siro sul versante nerazzurro gli arbitri sono in prima fila. Il penalty subito contro la Juve è a dir poco fiscale. Non sarebbe stato accordato a tutti. All’Inter sono stati negati rigori ben più evidenti sia in Campionato, sia in Champions. Ingenuità imperdonabile di Young, ma il tuffo in avanti di Cuadrado è evidentemente forzato e va oltre le leggi della fisica, perché sarebbe dovuto cadere all’’ndietro.
Il VAR deve intervenire se c’è un chiaro ed evidente errore e ci domandiamo se questo caso (il rigore concesso alla Juventus) rientri nella casistica. Che dire, allora, degli interventi subiti da Barella con la Roma e con la Sampdoria, che hanno originato le ripartenze e le reti degli avversari? Poco dopo il rigore, Rabiot ha strattonato Brozović in mezzo al campo, ma l’arbitro ha sorvolato. La dinamica era la stessa del rigore assegnato ai bianconeri. I penalty “fiscali” a sfavore si accettano se altrettanto rigore viene adottato anche verso i concorrenti interisti, ma così non è.
Nel frattempo si accavallano le notizie in merito alla cessione dell’Inter da parte di Suning. Si parla e si scrive di un Inter “modello” Atalanta che dovrebbe fare trading coi calciatori, di trattative che saltano e di richieste di prestiti per far fronte alle spese correnti e alle scadenze ravvicinate.
Un quadro non rassicurante e le luci a San Siro si fanno sempre più fioche con il buio che incombe . Ad Antonio Conte l’ingrato compito di provare a tenere la spina della corrente ben infilata nella presa e mantenere accesa la luce su ciò che rimane del progetto Inter-Suning, ma se la “Beneamata” non verrà presto rilevata da chi vuole davvero onorare il glorioso passato interista luci a San Siro non ne accenderanno più.
(La foto in apertura di servizio di San Siro è di ©Mattia Ozbot)
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