Bedin: cuore e polmoni nerazzurri – Di Maurizio Ceccarelli

In Primo Piano Nerazzurri

Quella maglia l’ha portata per dieci anni. Dieci anni in cui ha vinto tutto: tre Scudetti, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale e l’orgoglio di portare sulle spalle quella maglia numero 4. Gianfranco Bedin, infaticabile mediano dell’Inter Euromondiale di Angiolino Moratti ed Helenio Herrera, ha legato il suo nome in modo indelebile al pianeta nerazzurro.

Cos’è stata l’Inter per Gianfranco Bedin?
“Posso dire tutto? Si tutto. La società che mi ha dato la possibilità di realizzare quello che da bambino era solo un sogno. La società che mi ha permesso di fare quello che più amavo: giocare al Calcio; e fare di una passione un lavoro”.

Possiamo dire che l’Inter e Milano hanno cambiato la sua vita?

“Assolutamente sì, la mia era una famiglia povera, grazie all’Inter abbiamo raggiunto anche la tranquillità economica. Milano mi ha aperto un mondo nuovo, mi ha fatto crescere e migliorare, qui ho imparato tante belle cose. Sono stato fortunato ad aver trovato l’Inter sulla mia strada”.

Nella sua carriera nerazzurra tanti successi, peccato per la stagione 66/67 dove l’Inter perse la Finale di Coppa dei Campioni col Celtic.
“Davvero un peccato, a Lisbona arrivammo senza alcuni giocatori importanti, fra cui Suarez e Jair. Chiudemmo il primo tempo avanti per 1 a 0 grazie al rigore di Mazzola; poi crollammo nella ripresa perdendo per 2 a 1. Grande delusione, se fosse andata bene oggi saremmo qu a raccontare di quattro Coppe dei Campioni in bacheca”.

Come se non fosse bastato una settimana dopo arrivò anche la sconfitta di Mantova all’ultima giornata che vi costò lo Scudetto, con il compianto Giuliano Sarti protagonista in negativo.
“Fu una partita strana, ci fu questo goal su un errore di Sarti e poi non riuscimmo a recuperare nonostante le molte occasioni”.

Fra l’altro goal preso su un cross senza pretese, ironia della sorte, dellìex interista Di Giacomo.
“Proprio così, ma non è giusto attribuire la responsabilità della sconfitta a Sarti, c’era praticamente tutto il secondo tempo per recuperare non riuscimmo a metterla dentro, io stesso mi divorai un paio di goal davanti alla porta”.

Pochi anni dopo nel 1971 si rifece con gli interessi, andando a prendersi uno Scudetto incredibile dopo una grande rimonta sul Milan. Lo Scudetto di Gianni Inverizzi subentrato a Heriberto Herrera.
“Quello Scudetto lo ricordo molto volentieri, fu il mio ultimo, ma fu davvero entusiasmante. Nessuno alla fine del Girone di andata avrebbe scommesso un centesimo sull’Inter”.

Che effetto le fa vedere il Calcio di oggi; lei che ha vissuto uno dei periodi più belli e romantici della storia?
“Oggi è tutto un altro Calcio, altri interessi. Non ci sono più i Moratti e i Fraizzoli; non c’è più la passione che mettevano loro. Ai miei tempi c’erano delle zone del campo talmente dure che si sentiva il rumore dei tacchetti. Oggi si gioca su dei veri e propri tappeti”.

Parliamo di attualità. Che idea si è fatto della stagione dell’Inter?
“Credo che la strada intrapresa dalla società sia quella giusta. I risultati per il momento non premiano la squadra, ma il Campionato è ancora lungo, ci sono molte partite da giocare. Manca la scintilla che può scoccare in ogni momento e far girare la stagione dell’Inter”.

Conte è l’allenatore giusto per l’Inter?
“Sì, è bravo e preparato, ha bisogno di un pizzico di fortuna, per il resto sa quello che fa e le soddisfazioni per lui e per l’Inter non tarderanno ad arrivare”.

(Fotografia in apertura di servizio tratta dal mensile: INTER football club)

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