Qualcuno continua a “rosicare” (e, sinceramente, ci fa tenerezza). Su altre sponde i “Salamelek” a Roberto Mancini si sprecano. Sia nel primo, sia nel secondo caso, roba poco attinente con la serietà del tecnico nerazzurro. Sappiamo che i primi non vedono l’ora di un pareggio o di una sconfitta di questa squadra: «L’Inter di Mancini si è “sgonfiata”», diranno, e non servirà a nulla fargli notare che mai come quest’anno (nella storia del Calcio italiano) un allenatore e i suoi giocatori hanno la testa concentrata e “i piedi per terra”, nonostante le cinque vittorie consecutive. Certo, sono giovani, e “twittano” le loro foto sorridenti con commenti esultanti, ma questo è un altro discorso, poi, la mattina seguente, si torna subito al lavoro: allenamento defaticante.
Lui, Mancini, lo ripete (specialmente ai giornalisti…), educato, senza stancarsi: «Siamo solo alla quinta giornata…», inutile esaltarsi perché «il cammino è ancora lungo».
Il Presidente Thohir è sulla stessa linea: «Dobbiamo continuare così e lavorare duro. Tutti ci guardano in questa stagione e vogliamo dimostrare di essere l’Inter». Ieri sera, inoltre, il Presidente ha sfatato, come fece Paramithiotti più di un secolo fa, il fatto che, con lui presente a San Siro, l’Inter perdesse sempre. E non ha avuto nemmeno bisogno di travestirsi, come fece il primo Presidente dell’Inter.
«Essere l’Inter», ecco! Forse questo è il punto. Forse è questo che Mancini è riuscito a comunicare ai suoi ragazzi, oltre agli schemi, oltre alla mentalità di gioco. Non siamo i soli a pensare che non si vincano cinque partite consecutive solo “per caso”, quando si milita nel Campionato italiano di Serie A. Firme più conosciute e competenti di noi hanno espresso il proprio parere in tal senso. Luigi Garlando, su “La Gazzetta dello Sport”, scriveva proprio dopo la vittoria a Verona con il Chievo che: «Mancio aggiunge un sassolino alla montagna”. Un sassolino alla volta. In quell’occasione era stato il goal di Icardi, con l’Hellas Verona quello di Felipe Melo. La cosa che ha convinto di più, però, nella gara del “Meazza” contro il gialloblu, è stato vedere ancora una volta come certi giocatori vadano in “pressing”, come si preoccupino di rincorrere l’avversario dopo avere perso un pallone o dopo che lo ha perso un compagno di squadra. Il gioco non è stato granché, questo è vero. Lo stesso Garlando oggi parla di un’Inter “brutta”, anzi, la più brutta della stagione, ma il sassolino è stato aggiunto…
Lottare insieme: questo è essere l’Inter. Sì alla forza di certe individualità tecniche, ma non “prime donne”… Uniti come Moschettieri del Re: “Tutti per uno ed uno per tutti”, proprio come la “Grande Inter” degli Anni Sessanta, di Helenio Herrera e del Presidentissimo Angelo Moratti. Proprio come “l’Inter Spaziale” del Presidente Fraizzoli e di Gianni Invernizzi. Proprio come “l’Inter Operaia” di Eugenio Bersellini. Proprio come “l’Inter dei Record” del Presidente Pellegrini e del Trap. Proprio come l’Inter di Massimo Moratti, quella del “Triplete” condotta da José Mourinho… Insomma, molto più semplicemente, come l’Inter di Roberto Mancini.
Come recitava Christian De Sica: «Non so se mi sono capito»…