Cemento armato – Di Carlo Codazzi

In Campo In Primo Piano

L’Inter ha conquistato l’accesso alla finale di Europa League!

Il verdetto della Semifinale tra Inter e Shakhtar è dolcissimo per i nerazzurri che hanno travolto il team ucraino con 5 reti (a zero!) strappando il pass per la Finale di Colonia, in programma domani: 21 agosto, in cui sfideranno il Siviglia dell’ex Banega.

Un’impresa quella della truppa di Conte che andrà sì completata, ma che per ora merita senz’altro di essere celebrata. La “Beneamata” non ha accesso a una Finale Europea dal 2010 e, in generale, non ha avuto accesso a Finali di alcun tipo dal 2011 a oggi. Non vi è alcun dubbio che Conte stia conducendo l’Inter verso quei traguardi che un tempo le erano consueti e che nelle ultime otto, nefaste, stagioni erano completamente usciti dai suoi radar. Applausi, quindi, per il mister e i suoi ragazzi che ci hanno regalato l’emozione e il brivido di una Finalissima di prestigio conquistata grazie ad una prestazione superba, solida e autoritaria della squadra che ha rullato l’avversario come raramente si è visto fare in Semifinali europee.

Prestazione solida perché quest’Inter contiana è così tosta da sembrare forgiata con puro cemento armato. Gli avversari si rompono gli artigli contro il muro che i ragazzi di Conte alzano a protezione di Handanovic e vengono travolti a centrocampo dalla grinta, dal dinamismo e dal senso tattico di Barella, Gagliardini e Brozovic per poi essere trafitti e stesi dalle tremende incursioni della Lu-La, la terrificante coppia d’attacco nerazzurra. Impossibile far male a questa squadra che ha subito un solo goal nelle ultime 7 gare (4 di Campionato, 3 di Coppa), che sa amministrare a piacere il ritmo della partita accelerando o rallentando i giri del motore a seconda delle proprie esigenze tattiche e dei momenti della gara e che impone agli avversari la propria personalità, la propria organizzazione di gioco che esalta le qualità dei propri top Player.

Lo Shakhtar era già sconfitto in partenza sulla scacchiera tattica perché il suo piano partita è stato del tutto sterilizzato da Brozovic e soci. Castro puntava sulle incursioni dei propri esterni offensivi raddoppiati dai terzini e sul palleggio e la velocità delle mezzali. Gli esterni (Taison e Marlos) dovevano accentrarsi per cercare il tiro o l’imbucata per la punta centrale (Moraes) o il fraseggio stretto con Alan Patrick e Marcos Antonio. Il tutto facendo leva sulla genialità e fantasia dei brasiliani arruolati sotto le insigne del club ucraino. Si narra che “le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni” e lo Shakhtar è scivolato nell’inferno nerazzurro vedendo le buone intenzioni di mister Castro evaporare al cospetto della trappola tattica predisposta da Conte. I nerazzurri dovevano portare un pressing molto alto a impedire la costruzione dal basso degli avversari contando sulla non eccelsa capacità di impostazione dei centrali Kryvtsov e Khocholava e sulla scarsa predisposizione a trattare la palla coi piedi del portiere Pyatov. Nei casi in cui gli avversari fossero riusciti a saltare il primo pressing la squadra doveva ripiegare, abbassare il baricentro stringendo le linee a difesa della propria area e aggredire i portatori di palla per verticalizzare sulle punte accompagnando l’azione con le mezzali e i quinti. Le buone intenzioni di Conte, al contrario di quelle di Castro, si sono tradotte in piacevole ed efficace realtà.

La perfetta applicazione della strategia di Conte ha prodotto al 19’ il goal de “Il Toro” Martinez che ha sbloccato il match. L’aggressione immediata dei nerazzurri ha permesso a Barella di intercettare un rinvio di Pyatov, di infilarsi sulla destra dove ha crossato per la micidiale incornata di Lautaro. La reazione ucraina è stata impalpabile perché il regista Alan Patrick era soffocato dalla marcatura di Gagliardini e lo sfogo sulle corsie laterali non trovava sbocchi perché il talento di Taison e Marcos era imbavagliato da Godin e Bastoni aiutati da D’Ambrosio e Young. Nell’unica penetrazione riuscita dello Shakhtar De Vrij è stato bravissimo a chiudere in scivolata su Moraes. Nel primo tempo lo Shakhtar non ha prodotto altro. L’Inter ha neutralizzato la fase offensiva ucraina e ha mancato di un soffio il raddoppio con D’Ambrosio e Lukaku a ostacolarsi a vicenda e sciupare la grossa opportunità a due passi dalla porta avversaria. Altro brivido prodotto per Castro e i suoi è venuto da una fuga dell’incontenibile Barella che si è visto respingere la botta di destro da Pyatov.
Ad inizio ripresa l’Inter ha sfiorato la rete della sicurezza per due volte con “Big Rom” voglioso di ergersi al ruolo di protagonista del match al pari del suo collega di reparto, poi si è materializzata l’unica sbavatura della prestazione interista. Taison ha messo al centro dei sedici metri nerazzurri, Bastoni (autore, nel primo tempo, di un rinvio da brividi su un braccio di Gagliardini in piena area interista) si è fatto sfuggire Moraes che ha colpito di testa da posizione ideale, ma fortunatamente non è riuscito ad angolare così Handanovic, restato immobile, si è ritrovato la sfera sulle ginocchia e ha potuto facilmente farla sua. È stata la classica “Sliding door” che lo Shakhtar non ha saputo cogliere ed è stato subito punito da D’Ambrosio che ha insaccato di testa il raddoppio nerazzurro ricevendo la palla da corner. Sul ponte ucraino si è alzata la bandiera bianca.

L’Inter ha pressato senza pietà i portatori di palla avversari e ha segnato il terzo e quarto goal grazie agli intercetti di Brozovic e di Lautaro. A finalizzare con un destro a giro la terza marcatura è stato “Il Toro” che ha poi servito l’assist, dopo aver rubato palla approfittando di un maldestro disimpegno della difesa ucraina, a Lukaku che di sinistro ha infilato Pyakov per il poker. “Big Rom” si è poi fatto un selfie per la “Manita” dell’Inter nel senso che si è costruito da solo la rete della sua personale doppietta: palla in verticale di Godin, velo di Barella a favore di Big Rom che con una finta si è girato beffando Khocholava in velocità per poi di destro battere Pyakov facendogli “tunnel”. Lukaku ha così detto “trentatrè”, ovvero con la doppietta segnata allo Shakhtar ha raggiunto quota 33 reti stagionali: nell’annata di esordio da interista solo “Il Fenomeno” Ronaldo ha fatto meglio con 34 centri, ma a “Big Rom” resta ancora la Finale di Europa League. Quale miglior occasione per eguagliare o addirittura superare Ronaldo vestendone i panni di fenomeno?

Il match si è concluso, dunque, con la “manita” nerazzurra che ha schiuso le porte della decima Finale Europea all’Inter. Il punteggio avrebbe potuto essere ancora più pesante per la sventurata truppa di Castro (ridotta a un’Armata Brancaleone dalla super prestazione interista), ma Lukaku e compagni non hanno infierito fallendo altre opportunità per gonfiare il punteggio già di per sé eclatante.

La partita dell’Inter è stata praticamente perfetta. Ha funzionato tutto, a partire dell’aggressione alta sul disimpegno avversario che ha fruttato 3 delle 5 reti segnate allo Shakhtar. L’Inter ha dimostrato una personalità da vera “Big” perché ha trovato dei leader al suo interno, uno per reparto: El Jefe Godin, Barella e Lukaku. In personalità sono cresciuti tutti i giocatori nerazzurri, ma questi i tre sono i leader, i trascinatori, sono quelli che urlano, che scuotono, che danno le indicazioni, che arrivano anche a “sgridare” i compagni come ha fatto Lukaku un paio di volte nella Semifinale con gli ucraini “beccandosi” con Brozovic. Bisticci di campo che uniscono e non dividono perché la “Beneamata” ora è un gruppo cementato che nemmeno la dinamite riuscirebbe a frantumare. Un gruppo che è tutt’uno col suo allenatore come le dichiarazioni post match di Barella, D’Ambrosio e Bastoni stanno a dimostrare.

D’Ambrosio è l’esempio di come la voglia di imporsi attraverso la fatica, il sacrificio, il sudore sul campo di allenamento possono portare a livelli inaspettati. A ogni inizio di stagione Danilo difficilmente è in prima fila nelle preferenze del mister di turno, ma la chiude sempre da titolare. A ogni rompete le righe si dice che è stata la sua migliore stagione. Migliora sempre Danilo lavorando in silenzio e a testa bassa. Ha impressionato anche la determinazione con cui Lukaku voleva entrare nel tabellino dei marcatori della Semifinale. Una determinazione impressionante che è stata premiata con una bella doppietta con il secondo goal cercato e costruito con la volontà ferrea di bucare la porta ucraina.

Volontà, grinta, determinazione, personalità, coesione sono le armi dell’Inter contiana che non ha bisogno di fare maggior possesso palla per creare tanto, segnare tanto e vincere le partite. Lo Shakhtar ha totalizzato il 53% di possesso palla contro il 43 interista, ma i tiri totali sono stati 12 a 5 per l’Inter che ha anche tirato più in porta dell’avversario: 9 a 1! La statistica che conta maggiormente, comunque, recitava 5 reti a zero per i nerazzurri. Che trasformazione rispetto all’Inter di Spalletti che si esibiva in uno sterile possesso per creare poco o nulla e subire quasi sempre il “gollonzo”. Ora perforare l’Inter è quasi impossibile come è quasi impossibile perforare il cemento armato.

Non ci resta che attendere la Finale col Siviglia cui seguirà il “face to face” decisivo tra Conte e Steven Zhang. Chissà che gli abbracci, le pacche sulle spalle e i sorrisi tra Conte, Zhang e Marotta, a bordo campo, a Finale conquistata, non abbiano “cementato” i rapporti tra i medesimi. Indipendentemente dall’esito della Finale di Europa League, il lavoro di Conte è da Oscar della panchina. La sua Inter è fatta di cemento armato e non vorremmo che, senza di lui, si trasformasse in “pasta frolla”.