I Bastoni fra le ruote – Di Marco Murri

Calcio In Primo Piano Nerazzurri

Archiviata con un amaro epilogo la stagione, proprio nella notte illusoria di Colonia, ci sono note positive dalle quali poter ripartire. Perché, nel mare tempestoso in cui cercano di non perdere la rotta Conte e Zhang, si destreggia, pur se mancino, un giovane che rientra di diritto nel celebre “Esercito del Surf” cantato da Catherine Spaak anni orsono: Alessandro Bastoni.

Contro il Siviglia ha sfoderato una prestazione attenta, sicura e gagliarda, tanto da ricordare ai più un illustre ex giovane, che, rispetto a lui, si avvaleva già di un baffo che gli serviva per camuffarsi meglio con i veterani e che gli portò in dote il suo celeberrimo soprannome di “Zio”.

Come Beppe Bergomi anche Bastoni è un difensore; azzarderemmo anche la parola terzino, se non fosse che la difesa a tre registrata quest’anno lo rende, a ogni effetto, un centrale; ma c’è una cosa che li rende molto simili, lo sbarbato e lo Zio: la loro propensione a far di fatto senza l’utilizzo troppo smodato della parola, quasi assente, e dell’espediente scaltro e malizioso. Non ne hanno bisogno i giovani, perché possono contare su tutto il vigore del loro atletismo e sulla concentrazione massima. Eppure oggigiorno è sempre più raro vedere in Italia un allenatore, o meglio: una società, lanciare nella mischia un ragazzo che non è ancora andato alle urne.

Volendo cercare un parallelismo fra il Calcio e la comune vita della “mortal plebaglia”, potremmo confermare una volta di più che lo sport più bello del mondo rimane ferma metafora dei costumi umani: è forse facile per chi esce dal suo percorso arduo e tribolato di studi trovare un mestiere che si confaccia alle proprie legittime aspettative? Non si chiede forse che un giovane sia nato “già imparato”, con un curriculum che vanti esperienza acquisita in anni nei quali dovrebbe darsi la possibilità di essere avviato, supportato, incoraggiato sinanco a sbagliare?

Inesorabilmente lontani sono gli anni in cui un ragazzino di nemmeno sedici anni faceva il suo esordio nella massima Serie, dimostrando una personalità che poi lo avrebbe portato dritto dritto fino al “Pallone d’Oro”, divenendo un illustrissimo avversario nei derby de la Madunina in un San Siro scoperto e gremito, quello dei centomila cantati da Celentano. È vero: di Gianni Rivera ne nasce uno ogni cinquant’anni (forse), ma se, come diceva Beno Fignon, poeta che a Milano fu sindacalista, e quindi con un occhio molto critico alla situazione lavorativa della città, “Quando si è giovani e si sbaglia, si presume, si spreca, basta allungare la mano e prendere dal mucchietto un altro anno di vita”, allora date la possibilità ai giovani, calciatori e non, di mettersi in mostra:

Non mettetegli sempre i… Bastoni fra le ruote.

(La foto in apertura di servizio di Alessandro Bastoni è di #MattiaOzbot)

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