I bulli – Di Carlo Codazzi

In Primo Piano

Juve in Finale di Coppa Italia. Questo è il verdetto dopo il nulla di fatto tra i bianconeri e l’Inter dopo la Semifinale di ritorno giocata all’Allianz di Torino. Lo 0 a 0 finale ha condannato i nerazzurri e promosso la squadra di mister Pirlo forte della vittoria (1 a 2) ottenuta a San Siro la settimana precedente.

Verdetto equo? Assolutamente no perché gli uomini di Conte hanno giocato meglio e dominato sul piano del gioco i rivali in entrambe le partite, ma hanno pagato la scarsa precisione nelle numerose palle goal create e i due errori che hanno originato le beffarde reti bianconere all’andata. Qualche rimpianto per il “generoso” penalty accordato ai bianconeri a Mlano con tanto di tuffo di Cuadrado, ma la severità dei direttori di gara nei confronti dell’Inter è diventata, ormai, una fastidiosa normalità dai tempi della tristemente famosa “Triade” juventina, poi abbattuta dallo scandalo “Calciopoli”.

Nulla di strano, comunque, perché il Calcio è uno sport caratterizzato dagli episodi e se questi ultimi girano “storti” può capitare di subire eliminazioni immeritate. Essere estromessi dalla Coppa nazionale dalla Juve può dispiacere, ma non è uno scandalo considerato che nelle fila bianconere milita il giocatore più forte del mondo cui si sommano parecchi altri “Top players” che compongono una rosa formidabile da un monte ingaggi quasi doppio rispetto a quello interista (236 milioni Juve, 149 milioni Inter).
Ciò su cui poniamo l’accento non è l’eliminazione dell’Inter, immeritata o meno, ma l’atteggiamento assunto dai vincitori.
Il comportamento di Agnelli, Paratici, Bonucci e di altri tesserati juventini che hanno dato vita alla sarabanda di insulti durante e dopo Juve-Inter è stato degno dei peggiori bulli da quartieri degradati.

Stile Juve ci sentiamo ripetere da cinquant’anni in qua; ma vogliamo definire finalmente cosa significa “stile Juve”?
Essere parte della Juventus significa rappresentare un club che partecipa a competizioni sportive in cui vince il più bravo (o il più fortunato), in cui si rispettano gli avversari e i valori di lealtà, onestà ed educazione o significa partecipare a una sorta di guerra in cui si cerca di imporsi con qualsiasi mezzo? Significa vincere sempre e comunque con le buone o, quando la via del successo si fa impervia, con le cattive?

Ci pare che proprietà, dirigenza e squadra bianconera, necessitino di un ripasso delle regole e dei valori dello sport oltre che dei principi della corretta convivenza in ciò che, universalmente, viene definita la società civile.
Ricorda il Presidente della Juve come è nato lo sport? Gli antichi Greci inventarono i “Giochi di Olimpia” per creare una competizione tra essere umani in cui non fosse necessario uccidersi, in cui ci fossero regole da rispettare, un Codice d’Onore e in cui, senza violenze e inganni, prevalesse semplicemente il più bravo e non il più furbo o il più prepotente. Per rendere possibile partecipare a queste competizioni, che vennero definite “Olimpiadi”, si sospendevano le guerre.

Il Barone francese Pierre de Coubertin, a fine Ottocento, ne riprese lo spirito e diede vita ai “Giochi Olimpici” dell’era moderna col motto “L’importante non è vincere, ma partecipare”. Non siamo così ingenui da pensare che nell’epoca attuale sia sufficiente partecipare a competizioni sportive perché lo Sport è stato trasformato in uno “show business” che deve produrre ingenti ricavi, ma riteniamo che i suoi valori fondanti, tramandati dall’antichità, debbano sopravvivere ed essere rispettati dai suoi protagonisti. Gli atteggiamenti assunti da Agnelli e i suoi dipendenti all’Allianz, che hanno conseguentemente fatto scattare il dito medio di Conte (censurabile, certo, ma comprensibilissimo), fanno male e sono un pessimo esempio di malcostume per un’umanità attualmente devastata dalla pandemia.

Pensavamo, ingenuamente, che una simile tragedia (come quella del C-19) ispirasse a tutti noi una riflessione profonda per cercare di cogliere quelli che sono i valori importanti della nostra esistenza e metterli al centro del nostro percorso.

Andrea Agnelli è il Presidente del club di calcio con più tifosi in Italia ed è un personaggio pubblico che dovrebbe dare alla “massa” di appassionati esempi positivi e non diseducativi. Il buon esempio di un Presidente è fondamentale verso tutti i dipendenti del club che presiede e nei confronti dei suoi tifosi che sono simili a bambini che assorbono come spugne i comportamenti dei loro “idoli”. Se il Dottor Agnelli ritiene di proseguire sulla strada da lui intrapresa intrisa di “arroganza del potere” e di astio verso chi osa mettere in discussione il dominio juventino sul campo, prima o dopo assisteremo al ripetersi di tragedie come quella dell’Heysel.
Vedere sui Social la foto in cui Ultras juventini mostravano orgogliosi, al pullman della Juve, uno striscione che terminava con l’invito “Uccideteli!” (con tanto di punto esclamativo) ci ha disgustato.

Evidentemente, la pandemia non ha migliorato le persone che sono ancora schiave dei loro peggiori istinti. Nel Calcio inteso come una sorta di cocktail di guerra e business non c’è spazio per il rispetto e per i valori fondanti dello Sport. Il Dottor Agnelli non ha imparato nulla da “Calciapoli” e dalla tragedia dell’Heysel; in cui, ricordiamo, perì anche un tifoso interista di Reggio nell’Emilia. Il “Giovin signore”, come lo definì una volta Massimo Moratti, non rispetta le sentenze e non perde occasione per mettere in mostra i due Scudetti della vergogna giustamente revocati dalla giustizia sportiva. Il Presidente bianconero invece di gettarsi alle spalle un passato colpevole che ha macchiato la storia della Juve e del Calcio nazionale, presenta ricorsi a destra e a manca affinché venga revocato il titolo del 2006 all’Inter continuando a spargere, irresponsabilmente, veleno tra le due tifoserie. Veleno che ha portato ai continui insulti e minacce ricevute da Conte e dalla sua famiglia da quando il tecnico leccese ha osato legarsi contrattualmente alla “Beneamata”.

Agnelli si faccia un’esame di coscienza e cambi rotta.

Paratici, seguendo il cammino tracciato dal suo “padrone”, ha contattato Barella (violando i regolamenti) per spingerlo a rompere con l’Inter e ha minacciato di “picchiare” Oriali. Al “Diesse” juventino non è bastato essere coinvolto nello scandalo dell’esame truccato di Suarez. Un caso emblematico (che ha visto pure il coinvolgimento di un Ministro del nostro Governo in rapporti di amicizia con Paratici) dei metodi preferiti del club piemontese per conservare il pieno controllo del Calcio italiano. Gli italici confini, però, non bastano più ad Agnelli che vuole controllare anche il Calcio europeo tramite l’organizzazione di una sorta di NBA calcistica continentale, con lui alla testa, che consentirebbe alla sua Juve di gonfiare a dismisura i propri ricavi in ossequio ai concetti del più cinico capitalismo con tanti saluti ai Campionati nazionali e ai piccoli club. Ricordiamo quando Andrea Agnelli, dopo l’eliminazione della Juve dalla Champions 2018 causa un rigore contestato subito al 90’ a Madrid, affermò che il designatore arbitrale Uefa Collina andava sostituito. Detto, fatto: Collina diede le dimissioni.

Se danno il cattivo esempio Agnelli e Paratici non c’è da stupirsi che Bonucci indossi i panni del maestro che ordina all’alunno Conte di rispettare l’arbitro. La predica arriva proprio dal pulpito sbagliato come dimostrano le foto, di un paio d’anni fa, in cui il centrale bianconero urlante appoggia la fronte alla testa dell’arbitro (Rizzoli, oggi designatore arbitrale – ndr) per contestarlo. Non fu nemmeno ammonito. D’altra parte Bonucci indossa la maglia di un club che nuota negli scandali (oltre a quelli citati: il doping con protagonista il suo Dottor Agricola e l’inchiesta giudiziaria “Alto Piemonte” in cui si è indagato sui rapporti tra Juve e ’Ndrangheta e le infiltrazioni di quest’ultima nella Curva bianconera).

Si ha la sensazione che dalle parti di Vinovo si viva un senso costante di onnipotenza e di impunità che spinge a comportamenti censurabili.

A questo punto meglio sconfitti che essere fautori di uno stile da bulli. Nessun Presidente dell’Inter ha mai offeso tesserati di altri club. Nei due incroci stagionali a San Siro tra Inter e Juve non ci state né offese né sfottò da parte nerazzurra. Se Agnelli e Paratici pensano di poter essere al di sopra delle Leggi ordinarie (vedi caso Suarez) e dei regolamenti sportivi almeno adottassero le regole della buona educazione, ma è chiedere troppo a chi ha ridotto lo Sport a uno strumento del capitalismo più becero in cui l’avversario diventa un concorrente pericoloso da eliminare per non vedere compromesso il proprio business.

Ci teniamo stretta la vecchia concezione di Sport dove competere lealmente e onorare la vittoria rispettando l’avversario ha ancora un senso. L’Inter, intesa come società, ha fatto scena muta e non ha preso posizione in difesa del proprio allenatore. Non si fa, purtroppo, quadrato in Viale della Liberazione come accaduto anche nel caso del bullismo di Ibrahimović nel turno precedente di Coppa.
La stagione vedrà ancora una sfida tra Inter e Juventus alla penultima giornata. Non ci è dato sapere se sarà un match decisivo per l’assegnazione dello Scudetto e se l’Inter sarà ancora in corsa per il titolo, ma l’occasione sarà ghiotta per dimostrare al Dottor Agnelli che, per parafrasare una citazione cinematografica di Al Pacino, nel Calcio e nello Sport si può vincere o perdere ma conta farlo da uomini, non da “bulli”.

(La foto in apertura di servizio è di ©Mattia Ozbot)

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