Mio padre l’interista – Di Riccardo Arcidiacono

Together Inter Milano

Mio padre l’interista – Poche righe: scrivere non è il mio mestiere, come quello del mio papà, l’uomo che la maggior parte delle persone chiama semplicemente Pigi e pochi, pochissimi, Cavalier Pierluigi Arcidiacono. Tanto il testo lui lo sistemerà di sicuro: è fatto così, ahimè! Molti di voi certamente sapranno che papà è l’Autore che ha scritto più libri sull’Inter; il mio primo pensiero è che – al contrario di quello che si potrebbe pensare – papà non ha mai cercato (quando ero piccolo) di influire sui miei “gusti” sportivi”. Anzi, è amico di un giocatore di Pallacanestro e quando ero bambino Claudio Bonaccorsi (questo il nome del suo, nostro, amico) giocava in Serie A e andavamo a vederlo. A volte veniva a dormire in casa nostra a Milano e facevamo lunghe sfide (due contro due) nella mia cameretta: lui e la nonna Vittoria contro me e Pigi. Certo non posso negare che in casa Arcidiacono il clima interista si respiri molto: mio zio Cesare, prima di un derby, gira nervosamente per tutta la casa già con gli occhi lucidi per l’emozione; mio nonno quando stava per morire di cancro chiese che nella sua camera dell’ospedale si appendessero un piccolo crocifisso e un gagliardetto dell’Inter… Io, però, nei primi anni della mia vita, mi divertivo con la Pallacanestro, anzi, come lo chiamavo allora, con il “Bacheck”.

Accadde, però, che un giorno il mio papà mi portò a giocare con un pallone ai giardinetti (e intanto mi scattava delle foto). Notò così che “toccavo” il pallone bene. Lui dice come nelle cartoline che una volta facevano i calciatori: con stile. Il gioco comprendeva che indossassi anche una maglietta nerazzurra, la prima mia maglietta dell’Inter. Secondo me quei colori sono entrati così nel mio cuore. Pochi anni dopo andai con papà a vedere l’Inter vincere la Coppa Uefa a Parigi (era l’Inter di Gigi Simoni e Ronaldo; il primo trofeo vinto da Massimo Moratti come Presidente), ma la mia storia di tifoso cominciò come Pigi scrive nella nota introduttiva del suo primo libro sull’Inter: “Vade retro Satana – Storie di una vita neroazzurra” (Proedi-Librificio – 2001). Molti di voi l’avranno già letta, ma è una bella pagina, meglio ricordarla:

Vade retro Satana

Ancora una volta in casa ci si prepara alla sfida più importante del Campionato, qualunque sia la posizione in classifica. C’è il derby di Milano. Ricky, mio figlio, vorrebbe andare a vederlo in Curva Nord, tra i nostri Ultrà. Non è ancora abbastanza grande, nono- stante ogni anno aumenti di cinque o dieci centimetri di statura, ma giochiamo fuori casa e forse è meglio andare lì, tra gli Irriducibili e i Viking, piuttosto che in mezzo ai tifosi della seconda squadra di Milano. Non vado tra gli Ultrà da quando ero ragazzo, da quando c’erano soltanto i Boys – Le Furie neroazzurre che occupavano quello che oggi è il settore 223 giallo. Siamo lì in mezzo. Di fronte a noi si scatena l’inferno. Tutto quel rosso e nero rende davvero lo stadio lugubre e triste. Magicamente, però, si illumina la Curva Nord e si accendono migliaia di stelle. Sono fiaccole tenute in alto dai ragazzi dei vari gruppi che compongono la Curva. Poi, al centro, si srotola un grande bandierone su cui c’è una croce gialla gemmata di nero e di azzurro, sulle braccia ci sono due scudi crociati in rosso, simbolo di Milano. Uno striscione nero con la scritta azzurra viene esposto in mezzo alla Curva: “Vade retro Satana”. Non c’è dubbio, siamo nel posto giusto.

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